L’editoria per ragazzi degli anni ’90 – prima che arrivassero l’onda d’urto di Harry Potter, le grandi fusioni transnazionali di gruppi mediatici e il mercato globale – era sincera. È l’unico aggettivo che mi viene in mente per descriverla. Collane come Gaia, Le Ragazzine e gli Shorts innovavano la letteratura e il pensiero senza troppi fronzoli o paranoie da marketing. Testi solidi, temi importanti, zero censura, molto intrattenimento.

È da questa atmosfera sincera, e soprattutto dal bellissimo albo illustrato di Vittoria Facchini, Piselli e farfalline, che è nata l’idea di scrivere Nei panni di Zaff, il mio primo albo e il mio primo libro mai pubblicato, che affronta il tema della diversità, dei ruoli, del gender, dell’omosessualità e dei bambini maschi che vorrebbero fare le principesse, anche solo per un po’.

Era il 2005 quando uscì con la Fatatrac, non a caso la stessa casa editrice dell’albo della Facchini. Ed è stato nel 2015 che me lo sono ritrovato nella famosa lista dei 49 libri per bambini che il sindaco di Venezia ordinò di ritirare da scuole e biblioteche perché “diseducativi”. In dieci anni, questo albo è passato da una vita serena tra incontri a scuola e nei festival, all’indice e alla gogna.

Cosa è successo in questi dieci anni?

Il mondo è cambiato, l’Italia è cambiata di conseguenza. Ogni battaglia ideologica si affronta oggi sul ring dell’opposizione binaria: o sei a favore, o sei contro. Senza discussioni nel mezzo. E il “rosa e celeste” dei bambini si presta moltissimo a questo tipo di interpretazione. Se sei con Zaff, allora sei contro la famiglia. Per lo meno questo è ciò che asseriscono associazioni come Provita, che hanno utilizzato l’albo persino per scagliarsi contro il DDL Zan.

Una volta scrissi a un politico della Regione Lombardia che aveva organizzato un convegno contro “la teoria gender“, con al centro proprio “Nei panni di Zaff”. Gli scrissi: state organizzando un convegno sul mio libro, perché non mi invitate e mi fate dire la mia? Lui rispose: grazie ma no, sappiamo come la pensiamo e non cerchiamo confronti.

Cosa è cambiato in questi ormai più di dieci anni che tra un po’ saranno venti? A molti è passata la voglia del confronto, appunto. Cerchiamo verità preconfezionate, non idee, né domande, né percorsi. Abbiamo bisogno di verità, contrapposta nettamente alla verità dell’Altro. E i libri come “Nei panni di Zaff” che, come dice il titolo, invitano invece a mettersi nei panni dell’Altro per cercare di comprenderlo, trovano sempre meno spazio.

Essere scomodi in un’epoca come questa, mi piace pensare che sia un modo per mantenersi vigili e per non farsi ingoiare dal sistema binario. Sperando che il vento cambi ancora e riporti un po’ dei quella sincerità forse un po’ ingenua che tanto ci faceva sognare – e pensare.

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Categorie: censura

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