Kutztown, Pennsylvania. Un gruppo di adolescenti fondano il Banned Book Club (il club dei libri proibiti) e dichiarano: “Gli adulti pretendono di censurare i libri senza chiedere la nostra opinione”. Dall’altra parte dell’Oceano, in un paesino del centrosud affacciato sul mar Tirreno italiano, una scrittrice per ragazzi (io) esulta e pensa: ERA ORA!
Era ora che i ragazzi si facessero sentire. E non stupisce che l’iniziativa parta dagli Stati Uniti, in assoluto la nazione occidentale con all’attivo più episodi di censura di libri in nome della protezione dei più piccoli. Ma a quindici, sedici anni non si è “piccoli” sul serio. E vedersi proibire la lettura del “Diario del giovane Holden” o di “La fattoria degli animali” può far giustamente scattare rabbia o sdegno.
Ne parla il Guardian in un articolo di un paio di giorni fa, in occasione anche della recente polemica su Maus di Art Spiegelman, l’ultimo della lunga lista dei “banned books”. Ma come si riesce, nel 2021, a censurare un libro? Semplice: lo si ritira dalle biblioteche scolastiche, se ne impedisce l’accesso ai minori nelle biblioteche pubbliche.
Argomenti più censurati: questioni razziali e questioni di gender. Libri che parlano della condizione dei neri e libri che parlano di omosessualità. Che sorpresa. Anzi, no. Noi italiani ci siamo già passati con il sindaco di Venezia nel 2015 ma questa prassi di censura non istituzionalizzata (e quindi molto più pericolosa) va avanti da decenni e non risparmia nessun autore.
Ma finalmente, una ragazza – Joslyne Diffenbaugh – realizza che ci si può ribellare. E insieme a dei coetanei, fonda il club dei libri censurati. Si riuniscono e ogni volta discutono di un romanzo. E si accorgono del perché è stato censurato.
Speranza: che questo sia il primo club di una lunga serie.
Buona notizia: quasi sempre i libri censurati schizzano nelle vendite, come è stato nel caso di “Maus”, balzato in cima alla classifica Amazon.
Nel caso dei libri censurati dal sindaco di Venezia purtroppo non fu così…