“No i bambini non capiscono, questa parola è troppo difficile, questa cosa che si riferisce al passato non sanno nemmeno cos’è e qui bisogna semplificare e bla bla bla bla”. È una frase che sento spesso, ultimamente, e che non mi convince per niente
L’invito a chi la pensa così, nel mio settore e non, è di venire a vedere il teatro dei burattini a Gaeta. I Fratelli Mercurio stanno fissi lì ogni estate dalla notte dei tempi e rimettono in scena le storie di Pulcinella così come le aveva scritte il nonno alla fine dell’800, ispirandosi ai testi di Scarpetta.
Figli e nipoti non hanno cambiato una virgola. Perciò le storie sono piene di vasi da notte, grammofoni, gente che va in stazione in carrozza, CATAPLASMI (giuro), gente che è innamorata e quindi “fa l’amore”, fidanzati che devono chiedere il permesso ai genitori, e così via. Una roba che ci vorrebbe uno storico per decodificarla e che secondo me anche i tre quarti degli adulti presenti non hanno idea di che significhi.
Eppure i bambini si sganasciano. Io mi metto lì a godermi le risate che riecheggiano mentre Pulcinella dice: “Mi sembri nu grammofono stonato!”. E le tematiche: morte, usura, tradimenti, assassinii e giù di lì.
Il bello di essere bambini, per chi se lo ricorda, è non capire tutto. Ridi di quello che sai, e quello che non sai fluttua nel tuo cervello con quell’alone di mistero eccezionale che solo nell’infanzia diventa magia vera. Non sapere fa venire voglia di sapere. Una parola nuova fa venire voglia di possedere tutte le parole. Il rapporto con il passato fa venire voglia di futuro.
Probabilmente i Fratelli Mercurio lo sanno – i bambini capiscono quello che devono capire e vanno avanti. I loro bambini ridono di cose che hanno più di cento anni. Ed è bellissimo così.