Sembra che al momento ci sia una grande richiesta di libri per bambini che parlino di autostima o la favoriscano in qualche modo. Leggo tanti post allarmanti sulla mancanza di autostima di bambini anche molto piccoli. E di genitori preoccupati che cercano soluzioni, consigli, letture, vie d’uscita.

Se davvero vogliamo parlare di autostima dei bambini, dovremmo parlare prima di tutto del fatto che i grandi non gli consentono di fare più niente da soli. Sono assistiti nei compiti, nei divertimenti, nelle attività, nei rapporti con gli amici, persino nel sesso quando arriva il momento; non possono uscire da soli, attraversare una strada, né gestire un solo minuto della propria vita.

Nella mia lunga carriera di autrice in giro per scuole e per festival, ho visto bambini farsi fare i disegni dai genitori per paura di sbagliare (e i genitori ovviamente acconsentire). Sono piccoli prigionieri di una società competitiva e oppressiva che li carica di aspettative ma allo stesso tempo suggerisce costantemente: aspetta, non sei in grado, non sei in grado.

La gradualità della crescita si è persa completamente, i genitori barattano i progressi quotidiani naturali con la sicurezza, e questo è un fatto. Ma questo tipo di sicurezza si basa sulla paura che il piccolo possa sbagliare, farsi male, perdersi – e quindi quello che si comunica costantemente ai bambini è: da solo non ce la fai.

C’è chi sfoga in rabbia, chi in apatia, chi in autodenigrazione, ma sono tutti sintomi dello stesso problema, cioè il messaggio adulto di base, chiaro come il sole. E aggiungo: la costante confidenza che i grandi richiedono oggi su ogni cosa, quel voler sentire tutto dei loro figli, sapere ogni cosa, non è affatto condivisione ma sottrazione della privacy.

Nella privacy si cresce, si costruisce un tempo proprio di elaborazione e di valutazione, si ragiona in autonomia – senza privacy, il mentore gentile che dovrebbe guidare diventa un aguzzino assetato di affetto e gratificazione personale che calpesta le reali esigenze del piccolo essere umano che si trova ad allevare. Senza autonomia e privacy il messaggio è: da solo non sei niente, è grazie a me che tu esisti, è grazie alle mie cure e ai mie consigli e alla mia costante supervisione che riesci a stare al mondo.

Il genitore diventa un piccolo dio dell’ambiente domestico, si sovrappone alla vita del figlio, la vampirizza, la domina, scambiando per incondizionato un legame che non lo è affatto, per sua stessa natura è basato sulla dipendenza di uno debole da uno forte – mi pare evidente. L’autostima cresce negli individui che muovono passi autonomi. Se sei l’appendice di qualcuno, se sei al mondo per gratificare l’ego di qualcuno, per colmare i buchi affettivi di qualcuno, se la società ti conferma costantemente che da solo (come individuo) non sei niente, come si può anche solo pensare che possa esserci autostima?

Un esame di coscienza sarebbe doveroso. I grandi dovrebbero smettere di ingombrare tutta la scena. Imparare a farsi da parte. Imparare a gestire le ansie. E lasciare che piccoli facciano i loro errori, i compiti sbagliati, i voti brutti, le ginocchia sbucciate, i cazzotti in cortile, e le strade da attraversare con cautela ma da soli. L’autostima fiorisce così, di sicuro.

(Foto di Sean O’Carroll)

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